Il partygate e il dito puntato sull’alcol
Il cosiddetto partygate sta mettendo sotto scacco il primo ministro inglese Johnson ed esponendo il Gabinetto ad una invasiva e delicata inchiesta parlamentare. Cosa ha da dire la diffusione della notizia che nel momento più duro della pandemia e del confinamento, funzionari pubblici di alto livello violassero le regole sanitarie e si assembrassero nei giardini di Downing Street n.10 in modo inappropriato e indulgendo in orario di lavoro a festeggiamenti a base di alcol?
Al momento (31 gennaio 2022) l’inchiesta ha messo in luce che gli eventi del 2020 che vedono coinvolti membri dello staff di Downing Street e in parte lo stesso premier sono sotto la soglia di violazione della legge penale. E pertanto non ipotizzano reati, in particolare a carico di Johnson. Ma il report della Commissione Gray censura severamente atteggiamenti giudicati come errori di leadership e di valutazione (failure of leadership and judgement).
I fatti mettono in luce un aspetto culturale noto: l’autoindulgenza del mondo britannico a usare l’alcol come facilitatore dei rapporti interpersonali nelle situazioni di stress, oltre la soglia di autocontrollo. Certo a Downing Street non ci fanno una bella figura. Sul solito Guardian, una ex dipendente del Gabinetto, Sonia Kahn, ha documentato lo scorso 16 gennaio le ragioni che portano funzionari stressati da turni faticosi (https://www.theguardian.com/uk-news/2022/jan/16/from-prosecco-tuesdays-to-thank-you-tipples-no-10-has-a-serious-drink-problem) a contrastare lo stress con il mezzo più diretto a disposizione: la pausa drink in orario di lavoro.
Ma la cosa che suscita scalpore non è tutto sommato il cattivo esempio della amministrazione e l’ombra di doppia morale sulla classe politica inglese. Colpisce la cornice narrativa della notizia. L’allusività dell’ipotesi accusatoria include l’alcol come elemento non accidentale della violazione: non solo si agiva in beffa alle regole anti-Covid ma si faceva festa con le bevande alcoliche. L’alcol dunque come aggravante, un’aggravante che occulta l’eventuale reato: non solo si assembravano quando milioni di britannici erano confinati, ma si divertivano bevendo… È evidente la strategia di spostamento dal fatto obiettivo al contesto allusivo. Gli anonimi funzionari colti in flagrante devono rispondere della bottiglia non della violazione delle norme anti-Covid. Come dire: che ci dobbiamo aspettare da gente che beve sul luogo di lavoro se non comportamenti scorretti?
Se l’onorabilità della funzione pubblica si deve misurare sulla scala del vizio e della virtù e se la credibilità della politica dipende dal conformarsi al decalogo della convenienza sanitaria sul bere, ho l’impressione che il recupero di stima di politici e funzionari sia obiettivo fuori portata. Chi sbaglia deve essere messo di fronte alle sue responsabilità. Ma la collettività e l’opinione pubblica devono chiedere ragione di reati, non di peccati.