SE L’IRLANDA FA SCUOLA IN EUROPA

L’Irlanda sarà il primo paese dell’Unione Europea che, a partire dal 2026, introdurrà su tutti i prodotti alcolici un’etichettatura obbligatoria sui rischi per la salute associati all’alcol. Se non ci saranno cambiamenti, le aziende europee che esportano bevande alcoliche in Irlanda hanno ora due opzioni: introdurre nuove etichette specifiche per i prodotti destinati al mercato irlandese nei prossimi tre anni, con un inevitabile aumento dei costi, oppure mettere del tutto fine alle esportazioni verso quel Paese. Insomma, qui l’industria può solo perdere. Nonostante le obiezioni presentate da nove Stati membri, Italia compresa, la Commissione europea non ha ritenuto di bloccare il regolamento irlandese. Una scelta che si inserisce in un piano di lotta contro il cancro messo in pratica tramite iniziative come l’introduzione della Commissione BECA. 

In un parere rilasciato il 22 agosto scorso (https://www.cepitalia.eu/eu-topics/details?tx_cepmonitor_monitor%5Baction%5D=show&tx_cepmonitor_monitor%5Bcontroller%5D=Project&tx_cepmonitor_monitor%5Bproject%5D=3817&cHash=8671912c73b40ceb559d89a2cb40711e), il Centro per le Politiche Europee (Cep), che fornisce analisi e valutazioni della politica dell’UE con l’obiettivo di sostenere i principi di un sistema economico di libero mercato (almeno in teoria), si è pronunciato nettamente a favore dell’applicazione del regolamento irlandese. Eppure la norma proposta dall’Irlanda si scontra in più di un modo con altri provvedimenti UE. In particolare, la stessa commissione BECA del Parlamento europeo riconosce la distinzione tra consumo “nocivo” di alcol e “abuso”. Nella stessa occasione, ha votato anche espressamente contro l’imposizione di etichette di avvertimento sulla salute simili a quelle attualmente presenti sulle sigarette, a favore di messaggi che incoraggino un consumo moderato e responsabile. Insomma, in materia di etichettatura degli alcolici l’UE sembra auto-contraddirsi.

Eppure gli esperti del Cep difendono l’etichetta unica obbligatoria uguale a quella irlandese per tutta l’UE. In questo modo, sostengono, si preserva l’unicità del mercato interno. Un’etichetta per tutti, tutti per un’etichetta. Ma è giusto che una misura nata in un contesto come quello irlandese, caratterizzato da una cultura delle bevande alcoliche nettamente diversa rispetto a quella dei Paesi mediterranei, venga allargata indiscriminatamente a tutti i tipi di bevande e a tutti gli stili di consumo? In effetti, è innegabile che questa tendenza, che ignora volutamente una cultura del bere più improntata alla “moderazione” e la “fagocita” in un profilo di abuso tipico dei Paesi settentrionali, è in atto da tempo e anche il Cep sembra essersi conformato. Ci coglie un sospetto: è molto più facile appiattire tutto su un unico livello, che valorizzare le specificità di ognuno. Stupisce, però, che il messaggio arrivi da degli esperti di policy che, a quanto pare, stimano l’efficacia delle misure in base a quanto queste riescono ad annullare le differenze.