Secondo T.S. Eliot, poeta e saggista tra i più importanti del ‘900, il mese più crudele era aprile (The Waste Land, 1922), che risveglia la natura sopita con la pioggia di primavera. Ma forse anche gennaio, con il suo solito e stanco schema di bilanci dell’anno appena concluso e buoni propositi per quello appena iniziato, non scherza. A gennaio, si sa, si riscopre la responsabilità: quale periodo migliore per un mese di sobrietà, l’ormai noto a tutti Dry January? Per chi decide di parteciparvi, il Dry January è sinonimo di un mese di astensione totale dall’alcol, in un’ottica “depurativa” dopo gli eccessi delle festività. Negli anni è diventato sempre più popolare, soprattutto nei paesi anglosassoni, ma anche in Italia da qualche tempo è entrato nei discorsi di inizio anno.
Per persone abituate a consumi elevati, 31 giorni senz’alcol producono effetti positivi immediati, ma se guardiamo un po’ più nel lungo termine, ai restanti 334 giorni dell’anno? Per alcuni, l’occasione del Dry January fornisce la spinta a rimodulare in maniera un po’ più duratura i propri consumi. Per tanti altri che ritornano subito ai livelli abituali, o che addirittura subiscono il cosiddetto “effetto rebound”, gli effetti positivi sono più o meno pari a zero. Tra l’altro, per molte persone passare improvvisamente all’astensione totale, affrontando una scelta così netta tra bere e non bere, è controproducente: un approccio più graduale, che inviti a ridurre i consumi invece di abolirli del tutto, sarebbe forse un obiettivo più abbordabile, che permetterebbe di tener fede ai buoni propositi anche in maniera più duratura. Insomma, sarebbe più utile bere meno tutto l’anno, invece di imporsi un solo mese di mal sopportata privazione.
Ad ogni modo, il mese della sobrietà è diventato ormai un appuntamento fisso. Se ne sono accorte anche le aziende, che stanno espandendo il proprio interesse verso il mercato dello “zero alcol”: un settore in costante crescita che conquista sempre più consumatori, e che ha raggiunto un giro d’affari globale di 12 miliardi di dollari. Il Dry January sta seguendo in effetti un trend molto più ampio di diminuzione dei consumi di alcolici, che sta emergendo un po’ in tutto il mondo soprattutto tra le nuove generazioni. Si tratta di un passaggio generazionale ormai sempre più evidente, guidato da una maggiore attenzione al benessere e alla salute psico-fisica in generale, ma anche da una maggiore consapevolezza della propria immagine e reputazione, soprattutto online: postare foto da ubriachi ormai non è più di moda, anzi.
La moda del “Gennaio Asciutto” sembra quindi essere un fenomeno marginale rispetto a quello ben più interessante e strutturale del declino dei consumi. Anche in Italia si sta facendo strada una certa intolleranza verso l’eccesso, ripresa anche dal giusto appello di fine anno del Presidente Mattarella sul tema delle vite perse a causa degli incidenti stradali: parole che sottolineano l’importanza del problema vista anche la solennità del contesto nel quale sono state pronunciate.