Musica e stili alimentari del consumatore di sostanze della porta accanto
Sono lontani i tempi in cui potevamo associare la droga ai musicisti “maledetti” del panorama rock e jazz e alla loro fine ingloriosa. Oggi il consumo di sostanze è molto più trasversale e collega profili anche molto diversi tra loro, a prescindere dal lavoro svolto, dall’età, da quello che mangiamo o dalla musica che ascoltiamo. Se non sorprenderà che musica classica e “bravi ragazzi” vadano ancora a braccetto (gli appassionati di questo genere presentano le percentuali più basse in assoluto per l’uso di droghe), forse stupirà sapere che la stessa cosa vale per i fan del rock e del metal non meno che del pop e del jazz: anche per loro le percentuali sono estremamente basse.
È questo l’interessante cambio di paradigma che arriva dal Global Drug Survey 2022 (GDS), che quest’anno, alla sua decima edizione, si occupa poco o nulla di alcol ed esplora invece il tema dell’uso di sostanze mettendole in relazione agli stili di vita, ai gusti musicali e alle abitudini alimentari. I dati sono stati raccolti tra 2014 e 2020, su un campione di ben 592.000 persone appartenenti a più di una ventina di paesi, tra cui l’Italia (la percentuale più alta proviene dalla Germania).
Restiamo in tema musicale: la cannabis risulta trasversale a tutte le tipologie, con un picco nella musica reggae, mentre è chi ascolta la musica techno e EDM (electronic dance music, che comprende una gamma di generi musicali che vanno per la maggiore in discoteche, rave e festival) che consuma più droghe: MDMA (ecstasy), cocaina e anfetamine soprattutto. Anche la frequenza con cui si esce la sera in giro per locali ha la sua importanza: i 246.000 “clubbers” intervistati dimostrano che c’è una forte correlazione tra quanto spesso si esce e l’uso di sostanze nell’ultimo anno, in particolare se si parla di MDMA e cocaina.
È interessante guardare la questione anche attraverso la lente delle abitudini alimentari. Qui, ad esempio emergono, forse sorprendentemente, i vegani: rispetto agli altri gruppi, hanno le percentuali più elevate nel consumo di droghe (escludendo tabacco e alcol), nonostante siano spesso indicati come i più “salutisti”. Forse perché l’essere vegano risulta spesso associato ad altri comportamenti, stili di vita e convinzioni personali. Un chiaro esempio del fatto che l’uso di droghe non è mai separato e slegato nella vita delle persone: spesso la preferenza di una sostanza rispetto a un’altra deriva dal modo in cui vediamo noi stessi, dall’immagine di noi che vogliamo dare, e la disponibilità al cambiamento arriva quando questa scelta non è più in linea con certe attese.
Ciò avviene soprattutto tra i 16 e i 24 anni, cioè quell’età in cui ha un ruolo importante la sperimentazione e in cui l’immagine che si ha di sé stessi è ancora fluida, cangiante, non cristallizzata. Fanno eccezione solo la cocaina, che raggiunge il picco tra i 25 e i 34 anni (probabilmente a causa del costo più elevato), e l’eroina, che invece vede un consumo molto basso ma stabile anche ad età maggiori. Dopo i 25 anni le percentuali calano verticalmente, un fattore che forse sarebbe da tenere in considerazione durante l’elaborazione delle policy: secondo gli autori del GDS, cercare di ritardare il più possibile il primo utilizzo ed evitare la criminalizzazione dovrebbero andare di pari passo non con leggi più severe, ma con politiche volte a proteggere e ad assicurare la salute delle persone soprattutto in quel momento della vita in cui è più frequente il consumo di sostanze, per permettergli di proseguire poi la propria vita in sicurezza.